Verso una nuova legge elettorale in Sardegna: la proposta di «Sardegna chiama Sardegna» Danilo Lampis, referente del movimento: «Una legge che esclude le minoranze e allontana i cittadini dal voto»

La presentazione dell’iniziativa referendaria

Un’importante iniziativa per la riforma della legge elettorale in Sardegna sta prendendo forma grazie alla campagna promossa da «Sardegna chiama Sardegna». L’obiettivo è superare l’attuale sistema, in vigore dal 2013, che secondo i promotori ha contribuito all’aumento dell’astensione e all’esclusione di molte realtà politiche dall’assemblea elettiva.

«L’attuale legge elettorale ha incrementato l’astensione: oggi quasi un sardo su due decide di non votare», afferma Danilo Lampis, referente del movimento. «Con questo sistema maggioritario, si è costruito – prosegue – un bipolarismo forzato che ha negato le differenze e ha impedito a tante proposte politiche di contribuire al dibattito sulle grandi questioni sociali ed economiche dell’isola».

La critica non si ferma qui. Secondo Lampis, la legge non ha risolto il problema della rappresentanza di genere: «Il Consiglio regionale è ancora a netta predominanza maschile». Inoltre, denuncia la scarsa rappresentanza dei territori marginali: «Il sistema attuale non garantisce la giusta voce a tutte le aree dell’isola», evidenzia Lampis.

Per questo, «Sardegna chiama Sardegna» propone un percorso di confronto aperto e partecipativo, con un’assemblea itinerante che coinvolga cittadini, forze politiche e sociali. Tra i principi cardine della riforma ci sono l’introduzione di un sistema proporzionale, l’elezione del Presidente in Consiglio regionale con meccanismi di stabilità come la «fiducia costruttiva», l’eliminazione del voto disgiunto per ridurre clientelismo e personalizzazione della politica, la riduzione delle soglie di sbarramento e una maggiore equità nella rappresentanza territoriale.

Lampis sottolinea anche l’importanza della parità di genere: «Vogliamo una norma che garantisca un Consiglio regionale equamente rappresentato, con ogni genere presente in misura non superiore al 50%».

L’invito ai sardi è chiaro: «Aprite le porte del Consiglio regionale e partecipate a questo processo di cambiamento. La discussione non può restare confinata alla Commissione Autonomia, ma deve coinvolgere tutto il popolo sardo».

Il primo appuntamento pubblico si terrà a Bauladu il 15 marzo, un’occasione per approfondire le proposte e raccogliere nuove adesioni al percorso di riforma.

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