
Il segretario generale della Cgil Sardegna Fausto Durante
Si avvicina il primo maggio, Festa del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori. Una data importante a cui l’Isola arriva affrontando vecchi e nuovi problemi, dall’incertezza sul futuro industriale in diverse parti della Sardegna al futuro dei giovani.
Verso la festa
«La Sardegna – ha affermato il segretario generale regionale della Cgil Fausto Durante intervistato ai microfoni di Radio Kalaritana – arriva al primo maggio dal punto di vista del lavoro, del mercato del lavoro e delle condizioni in cui si lavora, in una situazione di sofferenza. Abbiamo tutti gli indicatori, dalla percentuale di occupati alla percentuale di coloro che non cercano più un lavoro, non studiano e non fanno formazione, per fare solo due esempi, che presentano numeri più bassi rispetto alle medie nazionali. In più il contesto del lavoro in Sardegna, un po’ più che altrove, è caratterizzato da due fattori che non forniscono sufficiente garanzia al lavoro: uno è il ricorso sempre più frequente a contratti di lavoro precari e instabili, perché 9 rapporti di lavoro su 10 di quelli che si sono instaurati nel 2024, sono rapporti di lavoro caratterizzati da forme precari; poi dalla presenza di molto lavoro di tipo saltuario e stagionale. L’insieme di questi elementi ci consegna un mercato del lavoro in Sardegna che è sì in movimento, ma ancora largamente insufficiente rispetto alle necessità dei lavoratori e dei giovani della nostra Isola».
Un lavoro complesso
Il lavoro del sindacato non è dei più semplici di fronte ai differenti scenari che si presentano. Sia a causa delle caratteristiche del mercato del lavoro che per il rapporto con la politica.
«Non si tratta di un compito semplice – ha continuato Durante – anche perché non veniamo granché agevolati dal contesto attorno a noi. Ci sono le difficoltà vissute nel polo industriale del Sulcis e di Porto Torres, potremmo poi parlare della difficoltà a conciliare le necessità di un lavoro moderno agli standard del XXI secolo con tante difficoltà nel settore della ristorazione, dell’accoglienza, del settore alberghiero, in molte aree del lavoro nell’agroindustria. Non siamo agevolati dal fatto che, nel caso industriale, ci si confronta con multinazionali che hanno cuore e cervello fuori dall’Italia, che prendono decisioni senza nessuna possibilità che a livello locale si possa stabilire una interlocuzione con un management che guarda solo ed effettivamente al profitto e non tiene in alcun conto le necessità economiche e sociali di un territorio. L’altro elemento che non ci aiuta è l’assenza di politiche industriali e di interventi conseguenti da parte del Governo nazionale. L’Italia non ha preso nessun provvedimento per venire incontro allo spiazzamento delle grandi aziende energivore dopo l’innalzamento dei prezzi a seguito del conflitto in Ucraina, come invece hanno fatto altri paesi come la Spagna o la Germania. È evidente che se non ci sono politiche industriali che invoglino le aziende a rimanere e a investire nel territorio la a condizione per il sindacato di battersi in maniera efficace per mantenere e magari accrescere i posti di lavoro diventa sempre più difficile».
Le volontà del referendum
Politica e società che verranno interrogate il prossimo 8-9 giugno sul fronte dei referendum promossi proprio dalla Cgil oltre che da diverse associazioni. Ai quesiti sul lavoro, si aggiungerà quello sulla cittadinanza.
«Purtroppo dei referendum in Italia si parla pochissimo, c’è una specie di blackout informativo – ha precisato Durante – Utilizzeremo queste ultime cinque settimane di campagna elettorale per divulgare il più possibile i contenuti di questi referendum che puntano ad abrogare alcune norme sbagliate che discriminano i lavoratori, a partire da quelle sui licenziamenti illegittimi che interessano i lavoratori con più anni di anzianità. Vogliamo abrogare la norma che impedisce ai lavoratori licenziati illegittimamente nelle aziende con meno di quindici dipendenti ad avere un risarcimento adeguato. Vogliamo porre un’argine al dilagare dei rapporti di lavoro a tempo determinato che sono la prima spia di precarietà e incertezza soprattutto per i giovani e vogliamo ripristinare la responsabilità delle imprese committenti per i lavori che si svolgono in appalto, dato che spesso nell’ultima catena del subappalto si nascondono casi di sfruttamento e il mancato rispetto su salute e sicurezza. E poi c’è il referendum sulla cittadinanza che punta a dimezzare i tempi per ottenere la cittadinanza italiana. Si tratta di una prova di democrazia e di civiltà, la cosa importante è che i cittadini siano informati e possano esercitare liberamente – ha concluso il segretario generale – il diritto di andare alle urne e di votare per il referendum».
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