Dallo scorso 5 marzo nelle sale italiane è disponibile “Emilio Lussu: il Processo”. L’intervista al regista Gianluca Medas apparsa su Kalaritana Avvenire del 9 marzo a cura di Matteo Cardia.
Coraggio. È questa la parola che sembra mettersi più in risalto quando si parla di Emilio Lussu. Il coraggio durante il primo conflitto mondiale, di fronte ai fascisti che assaltano la propria casa, quello di mutare idee senza però perderne il fondamento di giustizia e libertà, di essere parte della costruzione della Repubblica. Aspetti che non mitizzano Lussu, ma che lo rendono ancora più umano, testimoniandone le sfaccettature.
Un contagio positivo
A cinquant’anni dalla morte del politico e intellettuale di Armungia, è arrivato in sala «Emilio Lussu: il Processo», film diretto dal regista Gianluca Medas, che racconta del procedimento che fu richiesto contro Lussu, reo di aver ucciso un fascista che nel 1926 tentò di assalirlo nella sua abitazione di Cagliari.
«Girare questo film è stato emozionante – racconta Medas – Siamo andati contro anche a delle difficoltà che sono comuni a chi cerca di fare un film oggi, ma le abbiamo combattute, sapendo di avere tra le mani una storia importante. Una storia di resistenza e di coraggio». Il racconto non vede il solo fondatore del Partito Sardo d’Azione come protagonista. «C’è anche la storia del giudice Marras e dei suoi collaboratori, che hanno il coraggio di non portare a processo Lussu nonostante le pressioni del governo che voleva che Lussu venisse condannato, possibilmente a morte. Così non fu, perché il giudice riuscì attraverso la legge a non portare Lussu al banco degli imputati. Una storia che ci fa capire come il coraggio sia contagioso. Quando Marras e Lussu si rincontrarono, il politico lo ringraziò ma il giudice rispose: grazie a lei, perché se non fosse stato coraggioso non lo sarei stato neanche io».
Lo sguardo sull’oggi
Come ogni pellicola, anche quella che Medas ha presentato a Cagliari il 5 marzo, per poi portarla a Nuoro e Sassari insieme ai protagonisti, tra cui Enrico Lo Verso nei panni di Lussu, nei giorni seguenti, regala stimoli e pone domande. Guardando anche alla realtà di oggi.
«Io non sono un avvocato – afferma Medas – non ho studiato giurisprudenza, se non per capire bene i meccanismi per girare questo film. Mi sono emozionato perché nel diritto c’è tutto, si tratta di avere la forza di applicare il diritto per quello che è. Noi ricordiamo queste persone e continuiamo a dire quanto fossero grandi, che non ci sono più gli uomini di una volta. È giusto però che sia così, perché sono morti. La memoria però ci aiuta, ma ha a che fare con la cultura, va per questo conosciuta per capirla. La memoria ha però anche a che fare con il coraggio, che è collegato alla libertà, che è parte del concetto di uguaglianza: siamo tutti uguali, come dovrebbe garantire il diritto. Per questo – conclude il regista – la domanda che faccio attraverso questo film è: è davvero così?».
Matteo Cardia – Articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 9 marzo
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