Nel Sulcis si attende la data del 31 dicembre. L’ultimo giorno dell’anno potrebbe infatti coincidere con l’avvio dei licenziamenti all’interno della Portovesme srl. Nonostante scioperi, manifestazioni e solidarietà manifestata dalla politica e dalla società, i primi a essere colpiti dalla scure della Glencore saranno i dipendenti delle ditte d’appalto.
La Chiesa sulcitana, che attende intanto il nuovo vescovo Mario Farci, continua a stare dalla parte dei lavoratori. «Il nostro nuovo pastore si è subito inserito – afferma don Antonio Mura, parroco di Portoscuso e direttore della pastorale sociale e del lavoro – nella scia dei suoi predecessori in questa attenzione costante alla storia, alle vicende della gente del nostro territorio. Il suo primo messaggio alla diocesi è stato tanto apprezzato nel mondo del lavoro».
Venerdì sono intanto attesi alla Portovesme srl i ministri Urso e Calderone. Una visita, frutto dei precedenti incontri, per consentire agli esponenti del governo Meloni di toccare con mano tutta la preoccupazione degli operai a rischio licenziamento. «Credo – afferma don Antonio – che questo sia un gesto importante da parte del Governo. È doveroso prestare attenzione a tutte le situazioni di crisi che ci sono in Italia. Ma non ci si deve dimenticare che il nostro territorio sulcitano è uno dei più poveri in Italia. La presenza dei ministri deve essere dunque l’occasione perché tocchino con mano la crisi che imperversa nel Sulcis e perché da essa nasca un’azione politica capace di ridare segni di speranza e di rinascita per il futuro».
Tutto questo potrebbe non essere sufficiente per far cambiare idea alla Glencore. La multinazionale ha annunciato la chiusura di alcune linee di produzione e, di conseguenza, non sono più necessari tutti gli operai finora assunti nello stabilimento sulcitano. «Non molto tempo fa – evidenza don Antonio – ho definito la data dei possibili licenziamenti previsti il 31 dicembre, come una forma di cattiveria sociale. È una data che cade in un periodo di festa, quello del Natale, momento importante di festa e di famiglia. Aver scelto questa data come giorno di chiusura di un contratto, e dunque di un conseguente licenziamento, rende davvero molto amaro quel naturale clima di festa e di sintesi. È come se, sulla testa di tutti, ci fosse questa spada di Danocle che pende sulla testa di centinaia di famiglie».
Andrea Pala
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