Sfruttamento lavorativo, la Regione impegnata con il progetto CASLIS L’iniziativa portata avanti in rete con l’Università e altre realtà del territorio. Essa mira al contrasto del fenomeno spesso correlato alla tratta

 

Lotta allo sfruttamento lavorativo grazie alla rete con l’Università e  altre realtà del territorio: è l’obiettivo del progetto CASLIS, portato avanti dalla Regione Sardegna attraverso l’assessorato del Lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale.

Un progetto nato circa due anni fa su impulso del Ministero del Lavoro, «con l’obiettivo di far emergere un fenomeno, quello dello sfruttamento lavorativo – spiega Marco Sechi, referente settore immigrazione della Regione Autonoma della Sardegna –  spesso sommerso ma che è presente anche nella nostra regione, nonostante di esso si parli poco. Grazie al contributo dell’Università di Cagliari abbiamo potuto elaborare i dati e vedere che si tratta di una situazione abbastanza diffusa, meno grave rispetto a quella di altre regioni italiane, ma che comunque ci deve portare ad agire in modo tempestivo per evitarne una maggiore diffusione».

Grazie alla rete con l’Università è in via di costituzione un Osservatorio, «in primo luogo per affrontare l’emersione del fenomeno –  spiega Sabrina Perra, docente del Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Cagliari e coordinatrice scientifica del progetto-: in Sardegna questo fenomeno esiste, riguarda i lavoratori autoctoni e quelli migranti, perché esiste un mercato del lavoro dove ci sono rischi per le persone più vulnerabili di finire in circuiti illegali. Abbiamo avuto notizia nell’ambito del progetto, grazie all’Ispettorato del lavoro, di casi di grave sfruttamento in abito agricolo di mano d’opera locale e migrante, dove la vulnerabilità è ancora maggiore». Si lavora sulla conoscenza per capire quali sono le zone più a rischio di sfruttamento, i segmenti del mercato del lavoro che espongono di più le persone allo sfruttamento lavorativo. «Ci stiamo muovendo secondo due principi – continua la Perra – : il collegamento con i territori, quindi una governance multilivello, che dall’ambito regionale si sposti agli enti locali. Inoltre, stiamo cercando di costruire una rete, in primo luogo per la raccolta dei dati e delle informazioni e poi per l’elaborazione di nuove politiche».

Alla base l’impegno per favorire un inserimento lavorativo che dia dignità e che veda ogni persona come una risorsa, grazie al rafforzamento di una rete istituzionale che includa anche gli attori del terzo settore e le altre realtà già impegnate sul tema, tra cui anche la Congregazione delle Figlie della carità, da oltre vent’anni in prima linea contro il fenomeno.  Altro aspetto fondamentale, la comunicazione non solo verso i lavoratori – per rafforzare la consapevolezza dei loro diritti – ma anche verso i datori di lavoro e dell’intera cittadinanza.

 

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