Sanità nelle carceri sarde: tra carenze e diritti negati L'allarme di Maria Grazia Calligaris sulle condizioni della sanità penitenziaria nell'Isola

La sanità nelle carceri della Sardegna è in crisi, tra gravi carenze di personale e la mancanza di continuità terapeutica. La denuncia arriva da Maria Grazia Calligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme ODV, che richiama l’attenzione su una situazione spesso dimenticata. 


Una sanità inefficace per i detenuti

«Dopo tredici anni dal passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, il diritto alla salute è ancora negato a chi è detenuto», afferma Calligaris, sottolineando le difficoltà vissute nei principali istituti penitenziari dell’isola.

In particolare, la situazione è critica nella casa circondariale di Uta, dove, nonostante la presenza di un presidio sanitario, vi sono detenuti affetti da tumori, insufficienze respiratorie e gravi disturbi psichiatrici legati alla tossicodipendenza.

«Se la sanità non funziona per i cittadini liberi, a maggior ragione non funziona per chi ha perso la libertà», aggiunge Calligaris. Un problema che si traduce nella difficoltà di accedere alle cure necessarie: «Chi è detenuto deve passare attraverso il CUP (Centro Unico di Prenotazione), ma senza reali opportunità di cura».

Diritti negati e sovraffollamento

Oltre alle problematiche sanitarie, emerge anche la questione delle opportunità formative: «Scuola e formazione sono fondamentali. Dietro ogni detenuto c’è una famiglia, spesso con figli. I diritti si esigono, non si chiedono per favore».

A rendere la situazione ancora più difficile è il sovraffollamento carcerario. I numeri parlano chiaro:

  • Casa circondariale di Uta: 755 detenuti a fronte di 561 posti disponibili.
  • Carcere di Sassari-Bancali: 543 detenuti per 454 posti.

«È un’emergenza da affrontare subito», conclude Calligaris, sollecitando interventi urgenti per garantire condizioni di vita dignitose e il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti.

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