Quaresima, il digiuno per lo Spirito Dalla tradizione cristiana alla tutela dell’ambiente, un invito a riscoprire il valore del sacrificio per il bene comune

Il digiuno quaresimale non è solo una rinuncia, ma un’opportunità per riscoprire il valore della condivisione e della responsabilità verso il Creato. Leggi l’approfondimento a cura del direttore generale della Pastorale sociale e del lavoro Gilberto Marras, apparso sul numero del 2 marzo di Kalaritana Avvenire.


Quando un ragazzino di una Scuola calcio mi chiese perché fosse necessario digiunare in Quaresima, con sullo sfondo il suo papà incuriosito, gli risposi che la Chiesa proponeva da secoli il digiuno dal consumo della carne a chi se la poteva permettere, perché questo significava dare priorità allo spirito e alla condivisione coi poveri. Priorità a Dio nostro creatore e all’accoglienza dei fratelli: «Dacci il nostro pane quotidiano» sta a significare proprio la dimensione comunitaria, sociale dell’Eucarestia evidenziando che la privazione trova la sua perfezione nella condivisione. 

I fasci di luce colorata

Con l’apertura conciliare della Chiesa alla società, in particolare e in misura crescente con papa Francesco, lo sguardo richiesto all’uomo verso Dio e verso la Creazione di Dio si è articolato in modo ancor più esplicito agli occhi di tutti: individui, comunità, società. Ossia, dal prisma della vita di ciascuno di noi e delle nostre comunità (famiglie, luoghi di lavoro, paesi, città ecc.), in cui Dio costantemente riversa la luce della sua Grazia, ci è richiesto di proiettare tanti fasci di luce colorata che compongono o dovrebbero comporre l’armonia del Creato, superando egoismi, individualismi, indifferenze, apatie e calunnie che feriscono tale armonia. 

Lo sguardo dei giovani sull’ecologia

Uno dei fasci di luce su cui maggiormente ci interroga la coscienza e che, per fortuna, è diventata sempre più diffusa nelle comunità, in particolare grazie ai giovani, riguarda l’ecologia, il rispetto della natura, la sua valorizzazione per il bene comune. Ecco che il concetto di digiuno assume un significato diverso. Significa contribuire con il proprio comportamento a rigenerare l’ambiente: ripulire, raccogliere e differenziare i rifiuti, magari anche acquistare beni che hanno fatto sintesi di inutili strati di confezionamento in plastica, per esempio, sono un passo importante verso un mondo più pulito. Tuttavia, prima ancora, c’è la scelta di non disperdere per strada i rifiuti, magari lamentandosi che le nostre strade, le nostre cam pagne e i nostri mari sono sporchi; c’è la scelta di camminare in vece che di prendere sempre la propria auto (in molti casi super inquinante); c’è la scelta consapevole di non sprecare l’acqua e l’energia nelle nostre case; c’è la tendenza a dare testimonianza sul la responsabilità nei confronti delle future generazioni.

Il digiuno come atto politico

E qui il discorso del digiuno si fa anche politico. Perché il digiuno che si fa pensiero critico, approfondito, che si fa base per il discernimento, è uno strumento potente: lo è per la società politica nell’attuare scelte concrete verso una ecologia che salvi l’ambiente dove vi viamo, piuttosto che verso lo sfruttamento delle risorse ambientali, soprattutto quando questo accade per l’arricchimento di pochi; lo è per la società civile, che deve scegliere i propri rappresentanti politici sulla base delle azioni concrete che questi propongono e realmente trasformano in programmi di governo per il bene comune. 

Il digiuno richiama dunque la scelta della consapevolezza: non basta astenersi, occorre fare un passo verso il fratello o la sorella che sono nel bisogno o che potrebbero esserlo. E quando accettiamo che si inquini in nome della tutela a tutti i costi delle posizioni lavorative, anche senza combattere per la salute e l’ambiente, stiamo uccidendo il futuro della nostra comunità, accettando un vero ricatto, di cui la politica sarà chiamata a rispondere.

Gilberto Marras

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