Per le Comunità terapeutiche inizia una nuova fase Dopo la sentenza del Tar dialogo tra Regione e privato sociale

Il settore del sociale sta vivendo un periodo problematico, stretto tra tagli della spesa pubblica e sempre più crescenti necessità di tante persone che vivono in difficoltà.

Tre le realtà sociali che offrono un prezioso servizio e che scontano difficoltà economiche ci sono le comunità terapeutiche.

«Il 24 di gennaio scorso – racconta Giovanna Grillo, del Coordinamento delle comunità terapeutiche in Sardegna – il TAR della Regione Sardegna ha emesso una sentenza nei confronti di un ricorso presentato dal Coordinamento degli enti accreditati della Regione (CEA) per le dipendenze, rispetto a una delibera pubblicata nel febbraio del 2024, pochi giorni prima che cadesse la Giunta Solinas, in merito alla quantificazione delle tariffe delle nostre tipologie di strutture».

«È stato un percorso un po’ complesso – evidenzia la Grillo. Noi avremmo preferito non dover arrivare alla sentenza del giudice e trovare momenti di riflessione insieme all’uffici dell’Assessorato evitando la sentenza. È però arrivato e in qualche modo da lì la situazione si è evoluta positivamente, nel senso che ci sono state una serie di incontri, formali e informali, dove si è cercato di trovare un accordo condiviso con la Regione e questo accordo è stato trovato in questi giorni».

Sostanzialmente una parte dei problemi si è risolta, anche se poi si è dovuta arrivare ad un giudizio.

«Ce lo siamo chiesti anche noi e abbiamo cercato di sensibilizzare tutti, la parte politica, la parte amministrativa, perché in qualche modo si potesse arrivare a questo accordo e alla fine ci siamo riusciti. Le nostre strutture, per tanti anni hanno ricevuto delle tariffe estremamente sottodimensionate rispetto ai costi obbligatori per l’accreditamento, hanno vissuto tempi di grandi difficoltà economica».

«Molti di noi hanno avuto talmente tanti problemi da dover chiudere: ben tre strutture negli ultimi sei anni hanno chiuso. Ora ci auguriamo che questo confronto permetta a amministrazione pubblica e privato accreditato di fare qualcosa di più, oltre all’accordo trovato sulle tariffe».

«Sarà necessario sicuramente rivedere per esempio il fabbisogno, perché fermo al 2017 in una situazione che ogni anno viene registrata dalla relazione al Parlamento: i numeri sono spaventosi e sono tantissime le persone che incontrano le sostanze o incontrano altre forme di dipendenza e purtroppo ne rimangono fragilmente vittime».

«Da un lato la relazione al Parlamento mostra che il trend è in aumento, come la tipologia di sostanze o di dipendenze si sta complicando sempre di più, e l’età di abuso diminuisce sempre di più, dall’altro lato abbiamo un piano del fabbisogno fermo al 2017.

Questo ricorso sarà costruttivo se avrà portato tutti a riflettere sulla necessità di rimettere mano a tutto il sistema».

Il vostro ambito in Sardegna è vario: diverse realtà e molti numeri, dietro ai auli ci sono le persone, che si rivolgono alle vostre comunità.

Quando parlo di fabbisogno intendo proprio questo, cioè si tratta di capire che cosa serve anche in termini di innovatività dei servizi, perché il nostro sistema è fermo a molti anni fa.

«Oggi c’è bisogno di tutta una serie di riflessioni su ciò che serve come nuovi servizi, nuovi approcci, nuove metodologie per intercettare ad esempio alcuni target di utenza che non accedono normalmente al servizio pubblico o al servizio privato, ma arrivano quindi magari da altre strade».

«È necessario migliorare la rete della comunicazione, ad esempio, tra il Tribunale dei minori che intercetta ragazzini con un quantitativo di sostanze non legate soltanto allo spaccio, ma anche all’uso personale. È necessario cominciare a problematizzare la difficoltà, non solo intervenendo sull’aspetto della pena, ma anche sulle motivazioni che spingono i ragazzini ad utilizzare le sostanze, qual sia la difficoltà che stanno in qualche modo esprimendo attraverso forme di disagio, di resistenza».

Un nuovo approccio più completo.

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