
La giornalista del TG3 Vania De Luca
Un rapporto non formale, dettato dalla volontà comune di costruire ponti. Così potrebbe essere descritto il rapporto tra Papa Francesco e i giornalisti, che in questi giorni lavorano per raccontare al pubblico l’addio al Pontefice che ha segnato gli ultimi dodici anni della Chiesa. Vania De Luca, caporedattrice e vaticanista Rai del TG3, ha parlato di questo momento ai microfoni di Radio Kalaritana.
Un saluto continuo
«Qui c’è un afflusso di pellegrini ininterrotto, sono i giorni del Giubileo e tra poco inizia il Giubileo degli adolescenti, ma c’è anche l’afflusso di persone che vogliono dare il loro ultimo saluto al Papa – ha raccontato De Luca – Non sono solo romani, arrivano da molte parti d’Italia, da diverse parti del mondo. Così come la stampa internazionale, che si è ovviamente mobilitata dopo la notizia».
Una situazione che porta a sensazioni speciali. «Non stiamo accompagnando un Papa che è morto, ma stiamo accompagnando un passaggio di colui che è vivo – ha continuato la vaticanista – Io sono stata molto colpita lunedì mattina, l’ultimo respiro di Papa Francesco all’alba del Lunedì dell’Angelo, quando secondo la liturgia le donne andarono al sepolcro, lo trovarono vuoto e l’Angelo rispose “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Ho raccontato una giornata di Pasqua straordinaria con il Papa che a fatica da la sua benedizione dal balcone del loggione centrale della Basilica e poi si rivolge alla piazza con quel saluto “Fratelli e sorelle, buona Pasqua” che si ricollega a quel “Fratelli e sorelle, buonasera” di inizio pontificato, poi il giro in Papa mobile che non ci aspettavamo. Oggi è cominciato un pellegrinaggio. La mia sensazione è quella di un Papa che non è morto, ma di un Papa che è passato e che vive».
Un’attenzione particolare
Il rapporto con i giornalisti ha distinto il pontificato di Francesco. «Papa Francesco – ha proseguito De Luca – è stato sensibilissimo alla comunicazione. Ricordiamo che la prima udienza pubblica, subito dopo il conclave nel marzo del 2013, la volle con i giornalisti. Rompendo subito il ghiaccio con quella battuta: “Avete lavorato eh?” e noi rispondemmo con un sorriso liberatorio. Il rapporto è stato di grande fiducia, perché i giornalisti sono stati per il Papa come un ponte con la vita, con l’esterno, con i Paesi. Io ricordo sui voli papali la sua volontà di voler passare a salutare ognuno dei presenti, ma anche di scambiare qualche parola, la sua disponibilità a ricevere lettere, regali, omaggi. Un rapporto non formale. Sono stata poi anche tra i fortunati di questo tipo che hanno ricevuto la telefonata a casa del Papa. Quando gli portati la foto dell’Ucsi, chiedendogli una firma, non si sottrasse per nulla. Scrisse con la sua calligrafia minuta Franciscus e quella foto oggi è incorniciata nella sede nazionale. Sono episodi che mi fanno pensare al suo modo unico di comunicare».
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