Pace e speranza: desideri o necessità? La riflessione di Vincenzo Corrado, direttore Ufficio comunicazioni sociali della Cei, apparsa sul numero di Kalaritana Avvenire del 23 marzo.
Pace e speranza o speranza e pace? Più che un dubbio amletico, l’interrogativo intende segnalare l’intima connessione tra i due desideri più diffusi e maggiormente ricercati nella storia dell’umanità. Non c’è una priorità tra quelle che potrebbero essere indicate come semplici esigenze, anche se tali non sono. L’una prepara l’altra e viceversa. Entrambe delineano la concretezza e, allo stesso tempo, la fragilità di un’unione che non va mai data per scontata.
Conflitti ed esigenze
Ne stiamo facendo esperienza proprio in questi giorni: la notizia di una possibile intesa per la fine della guerra in Ucraina è schiacciata dalla ripresa dei bombardamenti a Gaza, senza dimenticare che ben 52 Stati del mondo – secondo l’ultimo rapporto Caritas (2024) – vivono situazioni di conflitto armato. Basta solo questo dato per comprendere come la speranza sia più di un semplice desiderio e la pace vada oltre la contingenza del momento presente. Il Giubileo in corso sottolinea la riflessione e rilancia l’impegno per l’affermazione di questo valore universale. Lo sottolinea, a chiare lettere, papa Francesco nella Bolla d’indizione del Giubileo: «Il primo segno di speranza si traduca in pace per il mondo, che ancora una volta – ricorda il Papa – si trova immerso nella tragedia della guerra. […] L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti» (Spes non confundit, 8). Non c’è esclusività, dunque, ma universalità nella creatività. È qui che il ruolo della Chiesa, al pari delle altre Istituzioni, diventa determinante nella promozione umana e nella formazione delle coscienze. E si fa eccedente per storia, vocazione e natura. «La speranza – ricorda ancora il Papa – nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce» (Spes non confundit, 3). La Chiesa nasce da questo amore, lo custodisce e lo fa fruttare, perché ancora oggi possa risuonare il saluto pasquale: «Pace, a voi» (Gv 20,19). Al centro della sua azione, c’è una persona – Cristo morto e risorto – che non smette di asciugare le lacrime dell’umanità con il calore della sua presenza. In lui ci si continua a riconoscere fratelli, in quanto figli dello stesso Padre, e a vivere la speranza donata nella costruzione della pace.
«Se vuoi la pace, prepara la pace»
Si comprendono, in questa prospettiva, le parole dei profeti del nostro tempo: se vuoi la pace, prepara la pace. Diventano terreno fertile in cui seminare e far crescere un’educazione di pace e alla pace, a partire dalle piccole azioni quotidiane, quali che siano. Ecco, allora, la grande sfida: porre al centro il cuore e non l’interesse o il tornaconto personale. È l’unico modo per cogliere l’unicità disarmante che risiede in ogni persona e che non va mai calpestata o svilita.
Vincenzo Corrado – direttore Ufficio comunicazioni sociali Conferenza episcopale italiana (Commento apparso sul Kalaritana Avvenire del 23 marzo)
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