Occupazione femminile, il gender gap è di casa anche in Sardegna Il part-time involontario tra i dati più preoccupanti

Che lo si chiami divario di genere o gender gap, la sostanza non cambia. Le differenze nel mondo del lavoro tra uomo e donna persistono ancora oggi in Sardegna. A dirlo sono anche gli ultimi dati presentati dall’Istat a pochi giorni dall’8 marzo.

La distanza occupazionale

Il dato generale dell’occupazione segnala già una disparità e una condizione più critica rispetto al resto del Paese. Il tasso di occupazione femminile nell’isola è infatti del 52,4%, quattro punti in meno della media nazionale che si attesta al 56,5%. Il dato vede una differenza di quindici punti percentuali invece con gli uomini: quella sarda è però un divario meno ampio rispetto ad altre regioni.

Il caso Part-time involontario

La differenza è meno risicata guardando ai numeri della retribuzione oraria, 12,4 euro per le donne e 13 euro per gli uomini. Invece è il part-time involontario a cui sono costrette spesso le donne isolane a balzare agli occhi. In Sardegna il 23,4% delle donne si trova nella condizione di dover lavorare meno rispetto a quanto vorrebbe o accettare impieghi a tempo parziale perché costretta dalle necessità o dalle proposte stesse che arrivano. Si tratta del dato peggiore in Italia dopo quello siciliano.

Il dato globale e le prospettive future

Guardando al dato generale, c’è qualcosa però che fa ben sperare. Almeno dal punto di vista numerico. Secondo una ricerca della Fondazione studi dei consulenti del lavoro elaborata su dati Istat,  Tendenze dell’occupazione femminile nel 2024, nel 2024 il tasso di crescita delle lavoratrici è stato del +2,3%, più contenuto invece quello degli uomini che si è fermato a quota +1,3%. La fascia che ha visto l’incremento maggiore di occupate è quella 55-64 anni, a seguire quella 25-34 (+6,5% rispetto al 2023 con il 60,8%). L’incremento a livello salariale più cospicuo si è registrato nel Mezzogiorno, ma i dati regionali parlano ancora di una differenza netta tra il sud e il nord del Paese. La strada, insomma, è ancora lunga per ridurre quelle differenze di genere che negano alle donne una completa autodeterminazione.

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