Il Covid ha accentuato le diseguaglianze di genere già esistenti in ambito sociale, lavorativo e familiare. Le difficoltà e la forza dimostrate, possono essere però per le donne la forza motrice per spezzare le catene invisibili ancora presenti. L’editoriale a cura della direttrice Maria Luisa Secchi, apparso sulle pagine del Kalaritana Avvenire del 9 marzo.
La pandemia da Covid ha rappresentato una sfida senza precedenti a livello globale, incidendo profondamente su ogni aspetto della vita quotidiana. Tuttavia, se da una parte ha messo in luce la fragilità di molti settori, dall’altra ha amplificato e acuito le disuguaglianze preesistenti.
Difficoltà crescenti
In ambito sociale, l’emergenza sanitaria ha avuto un effetto diretto sull’accesso delle donne a servizi fondamentali come la salute e l’istruzione. Le misure di contenimento hanno infatti costretto molte di loro a farsi carico massivamente di ulteriori responsabilità domestiche e familiari. La gestione della casa e dei figli è ricaduta in modo sproporzionato sulle loro spalle. Sul piano lavorativo, la situazione è stata altrettanto critica. Le donne, soprattutto quelle impiegate in settori ad alta intensità di contatto come la sanità, l’assistenza sociale o il commercio al dettaglio, sono state le più vulnerabili. Oltre alla crescente difficoltà nel conciliare vita privata e lavoro, molte hanno visto ridursi o annullarsi le proprie opportunità professionali a causa della crisi economica. Il lavoro precario ha esposto ulteriormente al rischio di povertà e disoccupazione. In ambito familiare, la pandemia ha avuto l’effetto di accentuare le disuguaglianze di genere, con un’impennata dei fenomeni di violenza. Le misure di isolamento sociale e la permanenza forzata tra le mura domestiche hanno aumentato i casi di abusi, con le donne costrette a subire violenze fisiche, psicologiche ed economiche.
Catene da spezzare
Nonostante tutto ciò, le donne hanno dimostrato una straordinaria forza. Affrancarsi da questa situazione e porre fine alla disparità strutturale è possibile, ma è necessario un cambiamento profondo che parta dal basso. La priorità deve essere il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro di cura, sia esso familiare che professionale, con il conseguente supporto a politiche che concilino lavoro e vita privata. È urgente investire in un sistema di welfare inclusivo, che garantisca parità di accesso a tutti i servizi sociali, educativi e sanitari, e che offra soluzioni concrete. Ma le donne, seppur segnate dalle difficoltà, non devono essere solo percepite come vittime della pandemia. La loro resilienza, la capacità di reinventarsi, di resistere alle avversità, devono essere il motore di una nuova visione sociale e lavorativa. Insieme, è possibile costruire un futuro in cui prosperino finalmente libere da quelle catene invisibili che, per troppo tempo, le hanno costrette a vivere attorniate da un’oscura ombra di disuguaglianza.
Maria Luisa Secchi – Articolo apparso sul Kalaritana Avvenire del 9 marzo
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