La Santa Sede, una diplomazia disarmata in un mondo di armi Sisci: «Il ruolo della Chiesa come mediatore imparziale per la pace»

Il presidente USA Trump e il suo omologo russo Putin (foto Ansa/Sir)

In un contesto internazionale dominato dalle armi e dagli equilibri di potenza, la diplomazia della Santa Sede si distingue per la sua indipendenza e per la sua vocazione alla pace. «Oggi più che mai servirebbe uno spazio per la Santa Sede», afferma al Sir Francesco Sisci, esperto di geopolitica, sottolineando come il Vaticano sia l’unico attore realmente estraneo agli interessi economici e politici che condizionano le trattative internazionali.

L’importanza di una diplomazia disarmata emerge con forza nel contesto delle recenti tensioni globali. La telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin ha sollevato interrogativi sulla possibilità di una tregua, ma, come sottolinea Sisci, «non c’è stata alcuna tregua, si continua a combattere». L’assenza di un vero cessate il fuoco dimostra la difficoltà di trovare soluzioni stabili e durature.

Il coinvolgimento della Cina in questo scenario è un altro elemento chiave. «C’è una diplomazia almeno a tre e non a due», evidenzia Sisci, facendo riferimento al ruolo di Pechino, che potrebbe fungere da ago della bilancia nei negoziati internazionali.

Ma qual è lo spazio dell’Europa in questo panorama? «Noi stiamo fuori dai tavoli, perché non siamo armati e quindi non rappresentiamo una minaccia», afferma l’esperto. La debolezza dell’Unione Europea sul piano militare la rende marginale nelle grandi trattative di pace, dove il peso degli stati si misura anche in termini di deterrenza militare.

In questo quadro, la Santa Sede potrebbe assumere un ruolo cruciale. «Diventa tanto più importante il ruolo di un protagonista come quello della Santa Sede», spiega Sisci, evidenziando come il Vaticano, privo di armi e interessi economici, possa agire come mediatore super partes. «È un vero e autentico ricercatore di pace esterno», capace di intervenire dove gli stati, legati a equilibri di potere, faticano a trovare accordi.

La diplomazia vaticana può quindi fungere da «lubrificante nei meccanismi della guerra», facilitando il dialogo e riducendo la tensione tra le parti in conflitto. «Magari, senza quel lubrificante, l’incastro si trova, ma con più fatica, con più frizione», conclude Sisci, ribadendo l’importanza di un attore capace di perseguire esclusivamente l’obiettivo della pace.

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