Baturi. Sabato Santo: dal silenzio della tomba alla luce del Risorto Nel cuore del Triduo, il Sabato Santo ci insegna ad abitare l’attesa, con Maria e i discepoli, affidati alla promessa di Dio.

Il Sabato Santo è il cuore di un anno giubilare, dedicato alla speranza. Questo giorno, che segue il Venerdì della Passione, porta con sé il silenzio e la riflessione, poiché l’evento terribile del venerdì ha disperso i discepoli, che, presi dalla paura, sono fuggiti. Le donne che avevano seguito Gesù a Gerusalemme, seppur vicine, lo avevano visto da lontano, mentre il corpo del Maestro veniva deposto nella tomba. La pietra che chiudeva il sepolcro sembrava sigillare ogni speranza, come un muro insormontabile. Eppure, proprio in questo silenzio, nasce una nuova prospettiva di speranza.

In questo Sabato Santo, dedicato alla speranza, non possiamo fare a meno di pensare a quello storico e doloroso di duemila anni fa, quando il mondo intero fu colto dallo sgomento. La morte di un Dio che aveva tanto bene compiuto, che aveva predicato la verità e guarito i malati, appariva incomprensibile. La crocifissione era un atto di estrema violenza, ma anche di grande amore. Perché? Perché colui che si era fatto figlio di Dio era stato messo a morte?

Le sue parole, i suoi miracoli, sembravano svaniti nel nulla, e i discepoli, confusi e impauriti, si erano ritirati. Ma nel cuore di Maria, nel cuore delle donne che avevano seguito Gesù, c’era una memoria viva. Non potevano dimenticare le parole dell’angelo e la promessa di una grandezza che avrebbe riscattato Israele e il mondo intero. E anche i discepoli avevano udito parlare di una resurrezione al terzo giorno. Forse, in quel silenzio, speravano che le parole di Gesù non fossero state vane.

Il Sabato Santo, quindi, è il tempo in cui la speranza è sospesa tra il ricordo e l’attesa. Le donne, pur attraversando quel vuoto di speranza, si preparano a onorare il corpo del Signore, facendo da ponte verso la novità che è alle porte. Ma è la speranza di Maria che ha saputo credere in Dio, e che forse più di tutti ha sperato in ciò che per l’uomo sembrava impensabile.

Impariamo allora a vivere questo Sabato Santo, radicati nella speranza che viene dalla memoria. Una speranza che va oltre l’evidenza dei fatti, una speranza che non si basa sulla logica del mondo, ma sulla promessa di Dio. Una speranza che, sebbene sembri contradire la realtà, è invece fondamento di vita. Perché quell’uomo crocifisso, che ha dato la sua vita per amore, ha continuato a scendere nel profondo della morte per liberare gli uomini che vi erano imprigionati. È risorto al terzo giorno per donarci una vita nuova, dove la morte non ha più potere.

La nostra speranza, come quella dei discepoli, è una speranza di vita, di felicità, di verità. È una speranza che si realizza in Cristo, che ha vinto la morte e ci attira a sé. Non è un ritorno alla vita, ma una trasformazione radicale, una vita nuova che non conosce né dolore, né lutto, né limiti temporali o spaziali.

Viviamo questa speranza, con una fede che ci accompagna ogni giorno, come il Signore che cammina con noi. Ogni incontro con Lui rinnova la nostra speranza, perché la sua vita è in noi come pegno della nostra futura salvezza. Siamo chiamati a correre, come San Paolo, verso la pienezza della vita che ci è promessa. Non siamo soli, siamo sostenuti dalla Chiesa e dall’amore fraterno dei nostri compagni di fede. E insieme, portiamo al mondo l’annuncio che Cristo, la nostra speranza, è la realtà che dà valore a ogni sforzo, a ogni sacrificio, e che la vita ha un senso profondo nel suo compimento.