Domani 6 febbraio la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili, promossa da ActionAid Italia. Un fenomeno che – in base agli ultimi dati disponibili – riguarda in Italia oltre 87.000 donne – di cui 7.600 minorenni, principalmente di origine nigeriana ed egiziana – , che convivono con le conseguenze fisiche e psicologiche di questa pratica.
«Si tratta di una gravissima violazione dei diritti fondamentali di bambine, ragazze e donne – spiega Isabella Orfano, esperta del programma diritti delle donne di ActionAid Italia -, che presenta stime purtroppo non aggiornate, le ultime risalenti al 2018 (dati 2019, Università Milano-Bicocca). Proprio la mancanza di dati aggiornati ostacola lo sviluppo di politiche adeguate, che necessiterebbero di una chiara fotografia del fenomeno». Altro problema, «la scarsa conoscenza anche da parte di chi potrebbe fornire l’aiuto necessario a queste donne, a cui si aggiunge un livello disomogeneo di intervento, e l’accesso non facile ai servizi sanitari, che sono invece necessari per affrontare le gravi conseguenze di natura fisica, psicologica connesse a questo tipo di pratica».
Ecco perché «oltre che sulla necessità di una formazione specializzata e risorse adeguate, puntiamo l’attenzione su quella di riconoscere le conseguenze di questa pratica nei livelli essenziali di assistenza, cioè i LEA, in modo da consentire a queste donne di accedere ai servizi sanitari. In questo modo potrebbero essere seguite nelle varie fasi dell’assistenza, anche nei casi in cui si richiede per esempio la ricostruzione chirurgica».
Tra le azioni portate avanti da ActionAid Italia, anche l’impegno portato avanti con “community trainer”, che favoriscono il tramite diretto con le comunità di provenienza. «Si tratta di figure appartenenti alle stesse comunità che ci aiutano a identificare le donne bisognose di aiuto e altre figure che possano sensibilizzare a loro volta il resto della comunità, in modo da poter sradicare questa pratica».
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