Giorno del ricordo, la strada per una memoria condivisa Il 10 febbraio si ricordano i fatti del confine orientale, Borzoni (UniCa): "Sardegna esempio di accoglienza"

Dieci febbraio, Giorno del Ricordo. Anche in Sardegna, terra che si rese pronta ad accogliere gli esuli, si ricordano la tragedia delle foibe, l’esodo giuliano-dalmata e tutti i fatti che prima e dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale contraddistinsero il confine orientale. Da Fertilia a Sant’Antioco, passando per Oristano, sono tanti gli appuntamenti in Sardegna in cui si commemorano i fatti di un passato ancora poco conosciuto.

L’esodo e la Sardegna

“La persecuzione, le foibe e il conseguente esodo giuliano-dalmata, i fatti che riguardano la nostra storia tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il decennio successivo – ha spiegato ai microfoni di Radio Kalaritana il professore di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Cagliari Gianluca Borzoni – sono stati per lungo tempo quasi patrimonio di opposte partigianerie. Invece è importante che si tratti di una storia riconosciuta, conosciuta e condivisa anche nella differenza delle opinioni. Parliamo di un patrimonio, anche di eventi drammatici, che appartiene alla storia italiana ed è bene che da vent’anni ormai a questa parte il Giorno del ricordo si incarichi di rammentarcelo”. La Sardegna fu una delle terre più accoglienti oramai quasi ottant’anni fa, nonostante le proprie difficoltà e uno Stato ancora in costruzione dopo gli anni della dittatura fascista. “Dobbiamo pensare – continua Borzoni – che un’intera comunità italiana, in terre che erano quasi da un giorno all’altro passate ad un altro Stato, si è trovata prima a patire un senso di estraneità e poi delle vere e proprie persecuzioni, poi ad avere nell’esilio volontario o indotto l’unica via d’uscita. Immaginiamo così una comunità italiana che per l’85-90% lascia le terre giuliano-dalmate e naturalmente come prima scelta quella del rientro nello Stato di elezione, ovvero quello italiano. Uno Stato che non era pronto ad accogliere – precisa il professore -, che in molte delle sue parti non era intenzionato ad accogliere. Ci sono state così tante piccole isole di accoglienza che sono diventate barlumi di luce in mezzo a tenebre piuttosto fitte. Tra le isole, la nostra Sardegna ha saputo essere un esempio di accoglienza, talvolta anche casuale, talvolta spinta dalla necessità, che si è trasformata in una convivenza diventata, come dimostrano diversi esempi, produttiva”.

Memoria e Storia

Per comprendere quanto accaduto negli anni tragici del secondo conflitto mondiale sul confine orientale il percorso però è ancora lungo e passa anche dal riconoscimento delle responsabilità delle parti allora in conflitto. Gli eventi degli ultimi anni, a partire dalla visita a Basovizza compiuta dal Presidente della Repubblica Mattarella e dal presidente sloveno Pahor nel 2020 per commemorare i morti italiani delle Foibe e l’uccisione dei partigiani sloveni nell’attuale frazione di Trieste, lasciano però spazio per una luce comune sui fatti. “Il 2020 è stato un momento estremamente significativo, commovente, e non è rimasto isolato – precisa il professore dell’Università di Cagliari – Dopo cinque anni quel percorso è continuato e oggi una città slovena e una italiana, che sono la stessa città, Nova Gorica e Gorizia, sono insieme Capitali della cultura transfrontaliera europea. Stavolta le istituzioni sono state più avanti nel ribadire la centralità di questa comprensione con i nostri vicini che spartiscono con noi un importante pezzo di storia, mentre ci sono rigurgiti interni che da un lato negano l’esistenza di questa pagina, dall’altro lato ne fanno l’emblema di un’italianità che ha sempre per forza ragione. Anche noi abbiamo compiuto errori tragici in quelle aree, sottoposte ad assimilazioni forzate e abbiamo pagato il conto. Riconoscere i torti e le ragioni in maniera dibattuta, ma sincera, fondata sui fatti – conclude Borzoni – è il mezzo migliore per costruire un domani di reciproca comprensione a livello transnazionale”.

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