
Fotoreporter in Ucraina (foto Council of Europe)
Le guerre moderne non si combattono solo con le armi, ma anche con l’informazione e la disinformazione. La libertà di stampa è una delle prime vittime dei conflitti, con giornalisti sempre più esposti a minacce fisiche e digitali. Il recente «Rapporto sulla libertà di stampa in Europa 2024», pubblicato dal Consiglio d’Europa, evidenzia una situazione allarmante: nel 2024 si sono registrati 266 casi di attacchi a cronisti, tra intimidazioni, detenzioni e violenze.
Le zone più pericolose sono Ucraina, Russia, Turchia, Serbia e Georgia, con la guerra in Ucraina come epicentro della repressione. Il rapporto denuncia inoltre la crescente minaccia della disinformazione, aggravata dall’uso di contenuti generati dall’intelligenza artificiale e dalla propaganda di Stato. Questi strumenti vengono impiegati per manipolare l’opinione pubblica e limitare la diffusione di notizie indipendenti.
Tra i pericoli emergenti, vi è anche la sorveglianza digitale dei giornalisti, che compromette la protezione delle fonti. In Russia e Bielorussia, le autorità esercitano una repressione transnazionale, perseguitando reporter anche oltre i confini nazionali. Di fronte a questo scenario, il Consiglio d’Europa esorta i governi a proteggere la libertà di stampa attraverso riforme politiche e maggiore trasparenza.
Si può tentare di imbavagliare l’informazione, di manipolare il racconto della guerra, ma la verità trova sempre una strada. Il prezzo, però, è spesso altissimo: minacce, carcere o, nei casi più estremi, la vita stessa dei reporter.
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