Le nuove politiche economiche degli Stati Uniti stanno mettendo a dura prova l’artigianato sardo, con un crollo delle esportazioni del 48,9% nei primi nove mesi del 2024. Gli artigiani cercano soluzioni, mentre il futuro resta incerto. Leggi l’articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 23 febbraio.
«Make America Great Again», rendere nuovamente grandi gli Stati Uniti. Donald Trump lo aveva detto durante il suo primo mandato, lo ha ripetuto durante i quattro anni passati lontano dalla Casa Bianca e non si è fermato quando dalla sua Mar-a-Lago è tornato a Washington. Anzi, ha rilanciato il concetto, declinandolo in maniera più ferma attraverso decisioni economiche protezioniste e scelte discutibili in politica estera.
Novità attese
Un cambio di rotta da parte statunitense era stato messo in conto dalle diverse parti in gioco, ma la repentinità di fatti e dichiarazioni ha portato nuovi dubbi anche tra gli artigiani isolani. Sensazioni sostenute già dai primi nove mesi del 2024 che hanno fatto segnare un -48,9% rispetto al 2023 alla voce export verso gli States. «I dati Istat elaborati dal nostro Centro studi – spiega il segretario di Confartigianato Imprese Sardegna Daniele Serra – hanno chiarito come l’export dei nostri prodotti verso gli Stati Uniti abbia subito un forte rallentamento. Si tratta di un dato aggregato, in cui si tiene conto anche dei prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, ma la frenata è importante. Le turbolenze geopolitiche degli ultimi mesi e le politiche protezionistiche annunciate agitano i nostri artigiani». Il punto di domanda resta la simbologia più adatta per spiegare quello che attende gli artigiani in futuro, nonostante il mercato statunitense sia rimasto uno dei più rilevanti per le imprese locali. Tanto da essere il primo extraeuropeo e a raggiungere un valore di 492 milioni di euro tra settembre 2023 e settembre 2024. «Per i prodotti sardi, il mercato degli Stati Uniti è il terzo sbocco più importante dietro Francia e Spagna – chiarisce Serra – Finora i consumatori statunitensi hanno riconosciuto la qualità e il giusto prezzo per i nostri prodotti. Un aumento dei costi in seguito ai dazi potrebbe spiazzare la nostra offerta e favorirne altre».
Gli scenari futuri tra diplomazia e strategie imprenditoriali
Il contesto attuale apre a due scenari: uno diplomatico, in cui sarà la politica a doversi assumere delle responsabilità, e uno imprenditoriale, in cui saranno gli artigiani a dover trovare le vie per reagire alle incertezze. «Ci auguriamo che l’Europa tenga una posizione unitaria su questa vicenda – precisa Serra – Trump ha dimostrato di prediligere i rapporti bilaterali, modalità in cui il peso negoziale degli altri stati, europei compresi, è nettamente inferiore. Per questo il nostro auspicio è che l’Europa, pur nelle sue mille imperfezioni, si comporti nel rispetto della sua storia. Poi – continua il segretario di Confartigianato Sardegna – c’è l’importanza di come le nostre imprese si possono adattare a questi sconvolgimenti geopolitici. Serve una formazione specifica degli operatori e sostenere politiche di internazionalizzazione che consentano di capire il posizionamento che si può avere su diversi mercati. È anche facendo queste scelte che si può essere competitivi, a modo nostro».
La qualità come unica arma di difesa
Il fattore in più rispetto ai competitor resta però la specificità dei beni prodotti in Sardegna, non solo per quanto riguarda l’agroalimentare, settore che è valso il 21,2% delle esportazioni che hanno attraversato l’Atlantico e sono giunte sulle coste a stelle e strisce: «La qualità sarà la nostra unica vera arma – commenta – Pensare di competere su prodotti standardizzati con costi di produzione insostenibili per il nostro mercato è impensabile. Gli acquirenti, statunitensi e non, riconoscono la nostra qualità: è il nostro strumento più importante, in altri casi – conclude Serra – saremo perdenti».
Matteo Cardia
© Copyright Kalaritana Media