Commento al vangelo della II domenica dopo Natale a cura di don Giulio Madeddu Il Verbo si fece carne: luce per la nostra vita quotidiana

5 gennaio 2025 – Seconda domenica dopo Natale

Dal Vangelo secondo Giovanni (Lc 2,41-52)

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.


In questa seconda domenica dopo Natale, ancora una volta la liturgia ci offre il dono di meditare sul Prologo del Vangelo di Giovanni. Non è una ripetizione fine a sé stessa, ma un invito a immergerci più profondamente nel mistero di Dio che si fa uomo. Le parole di Giovanni ci conducono al cuore della fede cristiana: il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.

La Parola che illumina il mondo

La colletta di questa domenica ci aiuta a leggere il testo del Prologo con uno sguardo contemplativo e missionario: “Dio onnipotente ed eterno, luce dei credenti, riempi della tua gloria il mondo intero, e rivelati a tutti i popoli nello splendore della tua luce.”

Questa preghiera richiama l’azione di Dio che non rimane distante, ma si rivela, si manifesta, si avvicina. Cristo, il Verbo fatto carne, è la risposta concreta e tangibile al desiderio di luce che abita ogni cuore umano. Egli è quella “luce che splende nelle tenebre” e che, nonostante le resistenze del mondo, le tenebre non hanno potuto vincere.

L’intimità del Verbo con il Padre

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.” Questa introduzione solenne ci apre alla contemplazione dell’intimità eterna tra il Verbo e il Padre. È un’intimità di amore e di comunione perfetta. Cristo, come Verbo incarnato, ci introduce in questa relazione, offrendoci di partecipare alla stessa intimità divina: “a quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio.”

Essere figli di Dio significa vivere sotto la luce della sua gloria, essere trasformati dal suo amore e irradiarlo nel mondo. La colletta ci invita a chiedere che questa luce riempia tutto il mondo, unendo la contemplazione personale alla missione universale.

La tenda della presenza di Dio

Il prologo richiama un’immagine particolarmente cara alla tradizione biblica: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.” Letteralmente, il testo greco dice che il Verbo “pose la sua tenda” tra noi. Questo richiama la tenda dell’incontro, segno della presenza di Dio nel cammino del popolo di Israele. Con l’incarnazione, Dio non si limita a visitare il suo popolo; egli stabilisce una dimora permanente, divenendo parte della storia umana.

Nella prima lettura odierna, la Sapienza di Dio dice: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele.” Questo mistero si realizza pienamente nel Verbo incarnato, che sceglie di piantare la sua tenda non solo in Israele, ma nel cuore di ogni uomo e di ogni donna che lo accoglie.

Grazia su grazia

Giovanni ci ricorda che “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.” Questo è il dono che il Natale continua a portare nella nostra vita: non una grazia che si esaurisce, ma un dono continuo, sovrabbondante. La Legge data attraverso Mosè è superata dalla grazia e dalla verità che vengono in Cristo. Egli non solo ci insegna cosa fare, ma ci dà la capacità di vivere nella sua luce, trasformando ogni aspetto della nostra esistenza.

La missione di portare la luce

Infine, il Prologo ci invita a far risplendere questa luce nel mondo. Non possiamo tenerla per noi stessi, ma siamo chiamati a diventare testimoni, come Giovanni Battista, che non era la luce ma è venuto per dare testimonianza alla luce. La preghiera della colletta ci spinge in questa direzione: “riempi della tua gloria il mondo intero, e rivelati a tutti i popoli.” Questo è il nostro compito: vivere come figli della luce, irradiando la gloria di Dio attraverso le nostre parole e le nostre azioni.

L’invito a una spiritualità incarnata

Il Prologo del Vangelo di Giovanni ci invita a vivere come riflesso della luce del Verbo, che si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Questa luce non è un concetto astratto, ma una realtà che si manifesta nei gesti concreti della vita quotidiana. Nel lavoro siamo chiamati a vivere con onestà e spirito di servizio, portando trasparenza e rispetto nelle relazioni e nelle azioni. In famiglia, possiamo essere segno della presenza di Dio attraverso l’amore vissuto nei piccoli gesti, l’educazione alla fede e l’impegno costante a costruire l’unità con dialogo e perdono. Anche nella vita dentro la comunità ecclesiale, ci impegniamo a essere parte di una comunità che accoglie, forma e testimonia, rendendo visibile la carità e il Vangelo.

Il Verbo, piantando la sua tenda tra noi, ci dona la forza per portare grazia su grazia in ogni ambito della nostra esistenza. Così possiamo diventare strumenti della sua luce, trasformando il mondo intorno a noi. Rispondere a questa chiamata significa vivere la gioia di essere figli di Dio e partecipare attivamente alla sua opera di salvezza, facendo della nostra vita una dimora stabile della sua presenza.

Don Giulio Madeddu

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