Commento al vangelo della Domenica delle palme (C) a cura di don Giulio Madeddu La porta della croce. Conversione, perdono e speranza nella Passione di Cristo

13 aprile 2025 – Domenica delle palme nella Passione del Signore (Anno C)

Passione del Signore secondo Luca (Lc 22,14 – 23,56) 


Dal dolore alla misericordia. Tre sguardi sulla Passione secondo Luca

Il racconto della Passione secondo Luca ci introduce nel cuore della Settimana Santa. È un testo lungo, ricco, denso di parole, di gesti, di sguardi. Non è un racconto da analizzare, ma un mistero da contemplare.

Tuttavia, nella vastità di questo annuncio, ci soffermiamo su tre momenti particolarmente significativi, che – nel contesto del cammino giubilare che stiamo vivendo – ci aiutano a cogliere il volto di un Dio che non condanna, ma accompagna, che non chiude, ma apre, che non respinge, ma accoglie.

Tre scene. Tre parole. Conversione, perdono, speranza. Sono le vie interiori che la Passione di Cristo ci invita a percorrere.

1. Cammino di dolore e di conversione

Lc 23,26-31 – Gesù sulla via del Calvario

Lungo la via della croce, Luca ci consegna un episodio che solo lui racconta: l’incontro tra Gesù e le donne di Gerusalemme. Esse lo seguono, piangono, si battono il petto. Ma Gesù, pur straziato, non si chiude nel proprio dolore: si volta, guarda, e parla. «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli».

È un invito a non limitarsi all’emozione, ma a lasciare che la sofferenza diventi occasione di conversione. Il pianto non basta, se non nasce da una presa di coscienza. Gesù ci chiama a leggere i segni del nostro tempo, a interrogarci sulle scelte, sulle priorità, su ciò che sta inaridendo nei nostri cuori.

Il Signore non cerca pietà per sé, ma invita a guardare in profondità la propria vita. È un richiamo che ci raggiunge anche oggi, mentre percorriamo il cammino giubilare: la conversione non è un dovere morale, ma un’opportunità di risveglio, un nuovo orientamento, un cammino da riaprire.

2. Il perdono che nasce dalla croce

Lc 23,34 – La preghiera per i crocifissori

Sulla croce, Gesù è deriso, oltraggiato, disprezzato. Ma da quella posizione estrema, non grida vendetta, non si difende, non accusa. Prega: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». È la parola che più di ogni altra ci svela il cuore del Vangelo. Un perdono che non arriva dopo il pentimento, ma che precede tutto, che nasce nel mezzo del male, che sceglie di amare anche chi ferisce. La croce diventa così non solo luogo di espiazione, ma di intercessione. È la preghiera di chi non cede all’odio.

Nel tempo del Giubileo, questa scena ci interroga profondamente: siamo disposti a credere che anche il nostro male, anche ciò che abbiamo fatto o subito, può essere consegnato a questo perdono? Non si tratta di un gesto eroico, ma di un cammino possibile. Il perdono cristiano nasce dall’unione con il Crocifisso, dal suo sguardo mite, dalla sua parola che guarisce. È un dono che libera.

3. La speranza dell’ultima ora

Lc 23,39-43 – Il buon ladrone

Tra i due condannati crocifissi accanto a Gesù, uno lo insulta, l’altro lo riconosce. È un dialogo breve, essenziale, ma decisivo. In quel momento estremo, un uomo – senza più niente da offrire – osa una preghiera semplice e coraggiosa: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». E Gesù risponde: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». È la sorpresa della misericordia, la scandalosa gratuità del Vangelo. Un uomo condannato, un’esistenza segnata da colpe, viene accolta senza condizioni. Non c’è un “forse”, non c’è attesa. C’è solo l’oggi. C’è solo un cuore che si affida, e un Dio che salva.

In questa scena si riflette pienamente il senso della Porta del Giubileo: una soglia che può essere varcata in ogni momento, anche all’ultima ora, anche dalla croce, anche con un filo di voce. Quella porta non è per i perfetti, ma per chiunque osi bussare. E se ci sono porte della nostra vita che ci sembrano chiuse a chiave, serrate dalla vergogna, dal peccato, dalla stanchezza o dalla paura, Dio è capace di riaprirle.

Nessuna chiusura resiste alla forza della sua grazia. Nessuna storia è irrimediabilmente perduta. Nessuna ferita è troppo profonda per essere guarita. Il buon ladrone ci mostra che basta una parola detta con sincerità, perché la salvezza venga a visitarci. È la inaspettata, generosa accoglienza di Dio, che ci precede e ci sorprende.

Scrive san Leone Magno, meditando su questa scena: «Chi potrebbe spiegare il mistero di un tale grande dono? Chi potrebbe descrivere il potere di una tale meravigliosa trasformazione? In un breve spazio di tempo la colpa di reati durati a lungo era stata abolita, l’anima, nel mezzo dei duri tormenti in cui si dibatteva mentre era attaccata al patibolo, passò dalla parte di Cristo, e la grazia di Cristo dà una corona a colui che era incorso nella punizione a causa della sua empietà». (Sermone 55)

Il paradiso si apre non come premio, ma come dono. E il Giubileo ci ricorda che la misericordia è sempre più grande delle nostre attese.

Verso la Pasqua, con lo sguardo fisso su Gesù

Tre sguardi. Tre parole. Conversione, perdono, speranza. Tre vie interiori che la Passione del Signore, narrata da Luca, ci invita a percorrere. Non da spettatori, ma da discepoli.

Che questa Domenica delle Palme sia una soglia, una porta che ci introduce nella verità della nostra fede.

Cristo ci ha preceduti nella sofferenza per aprirci un varco nella speranza. La sua croce è la chiave che apre ogni chiusura. E la sua parola è la voce che ci chiama ad entrare. Che ognuno possa sentirsi invitato. Nessuno escluso.

Don Giulio Madeddu