in preghiera per papa Francesco

Baturi: «Francesco, Papa della gioia e dell’inquietudine feconda» Celebrata in Cattedrale la Messa in suffragio per Papa Francesco. L’Arcivescovo: «Il dolore è attraversato dalla speranza»

L’Arcivescovo mentre pronuncia la sua omelia in Cattedrale (foto Carla Picciau)

Nella cattedrale di Cagliari si è celebrata una solenne liturgia in suffragio di Papa Francesco, scomparso il 21 aprile. A presiedere la celebrazione è stato monsignor Giuseppe Baturi, che ha rivolto parole intense e colme di gratitudine per il Pontefice scomparso, intrecciando memoria personale, riflessione teologica e affetto condiviso da un’intera comunità.

«La sostanza Pasquale di questa celebrazione rende ragione del nostro convenire e della nostra preghiera – ha esordito il vescovo. Se la morte di un uomo e di un Papa richiede il rispetto e il silenzio che sempre si deve di fronte al mistero, il mistero che qui si celebra, che sarà adesso annunciato, è quello della morte e della risurrezione di Cristo».

Un mistero che si fa speranza: «Ed è la nostra fede che diventa la nostra speranza. È il motivo del nostro amore, quindi della nostra preghiera. Non possiamo d’altra parte dimenticare che è l’ultimo gesto ufficiale di Papa Francesco da quella loggia delle benedizioni».

Un dolore, quello per la morte del Papa, che non è disperazione: «Il dolore di questa morte non è, né può essere, angoscia o incertezza. Ma attraversata dalla speranza e dalla gioia della risurrezione».

Il vescovo ha quindi richiamato una riflessione dello stesso Francesco: «Indicendo l’Anno Santo il Papa aveva scritto, la speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel battesimo, la vita non è tolta ma trasformata. Per sempre».

E questa speranza è ciò che alimenta la preghiera: «La ragione della nostra preghiera è questa certezza, la certezza di una speranza, un compimento in una pienezza che attraversa la morte, si compie in Dio».

Un passaggio particolarmente toccante dell’omelia ha richiamato l’amore di Francesco per una Chiesa viva, vicina agli ultimi: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati e dimenticati, agli imperfetti. Desidero una chiesa lieta, col volto di mamma che comprende, accompagna e accarezza una chiesa lieta».

Alla gioia, ha ricordato Baturi, Papa Francesco ha dedicato i suoi scritti fondamentali: «Una gioia motivata esclusivamente dall’incontro con Cristo sempre vivo, che sempre dobbiamo poter rinnovare. È una gioia che vogliamo comunicare agli uomini. Ed è quella gioia capace di attrarre alla Chiesa quanti si interrogano sul senso del vivere».

Una gioia che è anche forza propulsiva per il cambiamento: «Ecco perché la sua insistenza è circa la necessità che la Chiesa cresca per attrattiva, l’attrattiva di una gioia che illumina ogni notte e non certo per il nostro attivismo».

L’arcivescovo ha quindi pregato: «Chiediamo a Dio di poter avere questa letizia, questa speranza più grande di ogni contraddizione, capace di illuminare il vivere e di indicare la direzione del cammino. E ha delineato il volto della Chiesa sognata da Francesco: una chiesa inquieta perché mai adagiata su quanto ha già vissuto, sulle forme già sperimentate, ma sempre capace di interrogarsi più profondamente sul mistero della fede, di interrogare questo mistero a partire dalle domande del presente».

Un’inquietudine generativa, che ha dato vita anche al processo sinodale: «È proprio questa dinamica di inquietudine che porta il Papa ad attivare processi non visti prima, quelli sinodali, con questa forma e questo sviluppo».

E ancora: «Una chiesa inquieta non è una chiesa stravagante, ma una chiesa obbediente al mistero di Cristo, tesa a comprenderne più profondamente la verità. È rivolta agli uomini per comunicarne la ricchezza».

Una Chiesa dal volto materno: «Una chiesa col volto di mamma accogliente, capace di far compagnia agli uomini, a quelli che lui chiamava gli scartati e nelle periferie geografiche ed esistenziali, una mamma capace di accogliere, di sostenere. Di ascoltare i più poveri, coloro che più hanno bisogno del nostro aiuto».

Baturi ha quindi ricordato con emozione la visita di Papa Francesco a Cagliari, nel 2013: «Una chiesa lieta, inquieta col volto, è il cuore di mamma e forse per questo, proprio ieri, dopo aver dato la benedizione di Pasqua, ha voluto attraversare il popolo di San Pietro per dire che questa Chiesa ama il popolo, ama le persone, i singoli, le storie».

Monsignor Baturi ha quindi concluso: «Perché pregare per un Papa che muore significa amare la Chiesa. Preghiamo per la Chiesa perché nella successione dei pastori, anche nella loro varietà di storia e di accento, noi riconosciamo la presenza del buon pastore».

«Proprio questa varietà e successione ci dice che è Cristo il buon pastore che guida il suo popolo verso i pascoli della felicità, verso i pascoli della verità. Noi riconosciamo la presenza di Cristo dentro l’opera e la testimonianza di Papa Francesco come di Papa Benedetto, come di San Giovanni Paolo II».


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