L'addio a Mesina

Funerali sobri e partecipati per Graziano Mesina nella sua comunità di origine Cerimonia raccolta nella chiesa di San Pietro Apostolo. Parole di misericordia dal parroco, fiori e simboli del Cagliari sulla bara. Vietate riprese e foto per volere della famiglia

Il feretro di Graziano Mesina durante i funerali ad Orgosolo

Una chiesa colma e un paese raccolto nel silenzio hanno salutato Graziano Mesina, figura simbolo del banditismo sardo, scomparso sabato scorso all’età di 83 anni nel reparto detentivo dell’ospedale San Paolo di Milano. A Orgosolo, suo paese natale, le esequie si sono svolte nella parrocchia di San Pietro Apostolo, officiate da don Salvatore Goddi e concelebrate da altri sacerdoti originari del centro barbaricino.

La cerimonia si è aperta con la recita del rosario guidata dalle prioresse di Santa Croce, poi la funzione religiosa, sobria e raccolta, alla presenza di numerosi cittadini, amici e familiari. Sedute nei primi banchi, le sue avvocatesse, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier, hanno condiviso il momento di commiato accanto ai parenti più stretti.

«Davanti al nostro caro fratello vogliamo che il Signore apra le sue braccia e lo accolga nella sua misericordia», ha detto il parroco nell’omelia, parole semplici rivolte a una comunità che ha vissuto in modo diretto e complesso la parabola umana e giudiziaria di Mesina.

Sulla bara in legno chiaro, una composizione di rose rosse e due simboli della sua identità: una maglia e una sciarpa del Cagliari, tributo alla sua grande passione per la squadra rossoblù. Un gesto discreto, ma profondamente sentito.

Nel rispetto della riservatezza chiesta dalla famiglia, all’ingresso della chiesa erano esposti cartelli che vietavano riprese video e fotografie. Un addio sobrio, lontano dai clamori, per un uomo che ha segnato – nel bene e nel male – una parte di storia della Sardegna.