L'intervista

Baturi: «In famiglia maturano sani principi» L'intervista all'Arcivescovo di Cagliari su sfide educative che interrogano famiglia e scuola

In un tempo segnato da profonde fragilità, la sfida educativa si fa sempre più urgente. Lo afferma monsignor Giuseppe Baturi. In questa intervista condivide una riflessione intensa sul ruolo della famiglia, della scuola, della comunità e della Chiesa nel crescere nuove generazioni. 

Eccellenza, perché oggi si parla di emergenza educativa? 

«È un momento in cui la sfida educativa è evidente nella sua imponenza. Le cronache recenti ci mostrano violenze tra giovani, sofferenze silenziose che si esprimono in autolesionismo, ritiro sociale, disturbi alimentari. I nostri ragazzi vivono nella perpetua incertezza e spesso maturano sfiducia nella vita e nel futuro che li attende». 

Qual è, secondo lei, il cuore del problema? 

«Il disagio giovanile riflette una mancanza di fiducia non solo in sé stessi, ma anche nella volontà della società di sostenere i giovani. Quando le istituzioni e i legami sociali sono percepiti come deboli, cresce il senso di smarrimento. Eppure, i giovani chiedono educazione e riferimenti. Sì, sentono un forte bisogno di educatori autorevoli. Hanno sete di senso, cercano figure che sappiano indicare che la giovinezza è una grande ricchezza, un’apertura alla felicità». 

Quale ruolo gioca la famiglia in questo processo? 

«L’educazione integrale dei figli è dovere gravissimo e diritto primario dei genitori. È nella famiglia che si tramandano fede, cultura, valori. Quando questo patto tra generazioni si rompe, si mina la trasmissione delle ragioni decisive della vita, suscitando una crescente inquietudine. Durante un incontro con le famiglie e le scuole ha parlato anche di utero spirituale. È un’espressione di san Tommaso. Il figlio è custodito dal rapporto tra i genitori, come in un grembo fatto di amore e stabilità. La fedeltà coniugale è la base per una crescita affettiva che sia concretamente matura». 

Educare, quindi, cambia anche gli adulti? 

«Sì. Prendersi cura dei figli è occasione per i genitori di riscoprire il valore della loro missione. La coerenza tra ciò che si vive e ciò che si insegna è condizione insuperabile per un’educazione che possa essere davvero responsabile». 

La scuola è talvolta vista in contrasto con la famiglia e con le sue dinamiche. È davvero così? 

«No. Come i genitori hanno bisogno degli insegnanti, così la scuola ha bisogno dei genitori. Nessuno può educare senza un dialogo costruttivo con chi ha la prima responsabilità della crescita dei figli. Il Papa parla di solitudine educativa delle famiglie. Per questo occorre creare reti solide di amicizia e solidarietà tra famiglie. La Chiesa, in tal senso, può essere un sostegno decisivo». 

Un messaggio conclusivo?

«Educare è trasmettere ragioni di vita e di speranza. È un’opera che merita l’eternità. Ringrazio chi rende possibile il dialogo e la riflessione su un compito tanto decisivo per il nostro futuro».

Maria Luisa Secchi (Articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 13 aprile)