
Un momento delle celebrazioni della domenica delle Palme
La Settimana santa, come tempo in cui si celebra il centro di tutto l’anno liturgico, è il cuore pulsante da cui scaturiscono tutti i giorni santi. Viene definita in vari modi, appartenenti alle varie tradizioni ecclesiali e liturgiche: Settimana Santa, Settimana Autentica, Grande Settimana. La differenza delle denominazioni lascia emergere il dato più importante: in questa settimana siamo chiamati a contemplare il mistero di amore del Cristo, culmine dell’intenso e profondo cammino quaresimale.
Le denominazioni
La denominazione ambrosiana di «Settimana Autentica» ci aiuta a cogliere meglio l’aspetto storico, autenticamente narrativo della settimana, e ci incoraggia ad intraprendere un reale cammino di conversione. La definizione di Settimana Santa, tipica della liturgia romana, rimanda alla centralità di questi giorni in cui la liturgia ci offre l’opportunità di immergerci negli eventi centrali della redenzione, di rivivere il mistero pasquale, il grande mistero della nostra fede: Cristo Gesù assume su di sé le debolezze dell’essere umano e, obbediente al disegno salvifico del Padre, «accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi ad un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza» (prefazio della Domenica delle Palme).
La domenica delle Palme
La domenica delle Palme va intesa come un grande portale che permette al popolo santo di Dio di potersi introdurre nella Settimana più importante e più solenne di tutto l’anno liturgico. In questo giorno la Chiesa commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, osannato dalla folla e l’inizio del suo mistero pasquale di morte e risurrezione, in quanto il Figlio di Dio entra nella Città Santa per celebrare la sua Pasqua, quella definitiva, che, passando attraverso l’umiliazione della croce, ha ottenuto per l’uomo la salvezza. La Messa crismale che il vescovo concelebra con tutti i presbiteri e durante la quale benedice il santo crisma e gli altri oli, è considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui.
Il Giovedì santo
La Messa nella «Cena del Signore» rappresenta il preludio e la porta d’ingresso del Triduo Pasquale. Seppur sotto il profilo della temporalità, noi celebriamo e scandiamo in tre momenti celebrativi l’evento pasquale: i tre giorni del Triduo rappresentano un unicum nel quale la Chiesa celebra la globalità del mistero pasquale. Il Giovedì santo la liturgia ci porta a fare memoria dell’Ultima cena, nella quale Gesù istituisce l’eucaristia: Gesù è il vero agnello pasquale. Accanto all’esplicito riferimento all’istituzione dell’eucaristia nel contesto dell’Ultima cena, questa celebrazione si caratterizza per la presenza del segno rituale della lavanda dei piedi. Con questo rito viene ricordato esteriormente il comando di Gesù sull’amore fraterno. Essa può essere interpretata in due modi: come segno battesimale o di purificazione e, soprattutto, come esempio di umiltà dato da Cristo ai suoi discepoli.
Il Venerdì santo
Nel Venerdì santo la Chiesa non celebra la vittoria della morte, ma la morte vittoriosa di Cristo Signore e la salvezza che viene dall’albero della croce, nel quale è racchiusa la storia di Dio. I tre elementi tradizionali che accompagnano il radunarsi della Comunità ecclesiale in questo giorno sono: la liturgia della Parola, il cui centro è costituito dalla lettura evangelica della Passione secondo Giovanni e dalla lunga preghiera universale in cui si alternano la proclamazione dell’intenzione di preghiera da parte di un fedele e l’orazione del ministro che presiede la celebrazione; l’adorazione della croce; ed infine la comunione con le specie eucaristiche consacrate nella Messa nella «Cena del Signore», cuore del Giovedì Santo.
Il Sabato santo
Il Sabato santo, giorno in cui la terra tace perché il suo Signore e Redentore è sceso nel buio del sepolcro, predomina il silenzio, la meditazione, per Gesù che giace nel sepolcro prima della gioia della domenica di Pasqua con l’annuncio della risurrezione. La Chiesa, come le donne «sedute di fronte alla tomba» (Mt 27,61), sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi, aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua risurrezione. La veglia Pasquale è il momento culminante del triduo sacro e dell’intera Settimana Santa. Essa è conosciuta come «la madre di tutte le Veglie», in cui si celebra – secondo la nota espressione di san Leone Magno – «totum paschale sacramentum». È caratterizzata da una ricca struttura rituale. In questa notte si celebra il memoriale della risurrezione del Signore i cui frutti salvifici intendono raggiungere ogni uomo chiamato a morire al peccato e ad abbandonare ogni sorta di tenebra, per vivere perennemente nella luce della Pasqua di Cristo.
Alberto Pala – decano del Capitolo metropolitano (Articolo apparso su Kalaritana Avvenire del 13 aprile)