
Il rientro nel nord di Gaza di alcuni gazawi | Foto UN News/Unicef
La denuncia del direttore esecutivo del Patriarcato latino di Gerusalemme, Sami El-Yousef, fotografa la condizione drammatica dei cristiani in Gaza e in Cisgiordania: tra bombardamenti, mancanza di cure, blocchi militari e sfollamenti continui, la popolazione sopravvive in condizioni sempre più estreme.
Cinquanta cristiani morti a Gaza dall’inizio della guerra
Dall’inizio del conflitto in Gaza, circa 50 cristiani hanno perso la vita: 20 a causa delle ostilità dirette e 30 per l’impossibilità di ricevere cure mediche, dovuta alla carenza di medicinali e alla chiusura degli ospedali. A riportare questi dati è Sami El-Yousef, direttore esecutivo del Patriarcato latino di Gerusalemme, attraverso i suoi canali ufficiali.
Attualmente si contano circa 650 cristiani ancora presenti nella Striscia, definiti «anime coraggiose». Di questi, circa 450 trovano rifugio nel complesso della Sacra Famiglia a Gaza City, diventato ormai un punto di riferimento vitale.
Cisgiordania in crisi: restrizioni, violenze e nuovi sfollati
La situazione non è migliore in Cisgiordania, dove – come spiega El-Yousef – si vive in condizioni «senza precedenti» tra blocchi, restrizioni agli spostamenti e un clima di crescente tensione. La violenza dei coloni contro la popolazione locale, sottolinea, si è intensificata, e si registra la «completa cancellazione» di campi profughi come Jenin e Tulkarem.
Secondo i dati diffusi, sono almeno 40.000 i nuovi sfollati interni, una «nuova ondata di rifugiati di seconda o terza accoglienza». A tutto questo si aggiungono oltre 900 posti di blocco e quasi 300 barriere permanenti che, di fatto, isolano villaggi e città trasformandoli in «prigioni notturne» per ordine delle forze israeliane.
Crisi occupazionale e vita quotidiana insostenibile
Il direttore del Patriarcato latino evidenzia anche il collasso del sistema lavorativo: i permessi di lavoro in Israele sono «al minimo assoluto» e i lavoratori palestinesi vengono sistematicamente rimpiazzati da manodopera straniera, con costi doppi e efficienza dimezzata. In questo contesto, afferma con forza, «la vita dei palestinesi che vivono a Gaza e in Cisgiordania è diventata insopportabile per qualsiasi standard umano».
Tensioni anche in Israele: proteste quotidiane e polarizzazione sociale
El-Yousef allarga lo sguardo anche alla società israeliana, dove ogni giorno si registrano manifestazioni in diverse città, Gerusalemme compresa. I motivi delle proteste sono molteplici: c’è chi chiede il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, chi contesta le riforme legali e chi si oppone al licenziamento del capo dello Shabak (l’agenzia di sicurezza israeliana) o del procuratore generale. Un terzo gruppo, formato da ebrei ortodossi, protesta invece contro l’obbligo di leva militare.
Un appello per la Pasqua: seguire gli insegnamenti religiosi per fermare la guerra
In conclusione, il direttore esecutivo del Patriarcato latino sottolinea con amarezza il deterioramento delle relazioni tra israeliani e palestinesi, ormai segnate da una «totale mancanza di fiducia». Nessuna delle due parti – osserva – vede nell’altra un possibile partner per la pace o ne riconosce l’umanità.
In vista della Pasqua, El-Yousef lancia un appello forte e universale: «Questo è un periodo in cui tutti dovrebbero seguire gli insegnamenti delle rispettive religioni. Se così fosse, oggi saremmo in un mondo molto migliore, la guerra si fermerebbe immediatamente e la pace e la giustizia prevarrebbero».