In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Non potevamo concludere in modo più bello il mese missionario se non rimeditando ancora una volta la splendida pagina dove Luca ci racconta l’incontro tra Gesù e il piccolo Zaccheo.
Una sintesi perfetta di tutto quello che ci siamo detti nelle quattro settimane precedenti.
Un incontro fatto di sguardi: Zaccheo che cerca di vedere quell’uomo incredibile, di cui sentiva parlare e Gesù che alzando il suo sguardo vede quell’omino, per certi versi, «invisibile» perché piccolo di statura: statura fisica e, purtroppo per lui, anche morale.
Ed è interessante sottolineare la nota di Luca che dice che la folla impediva a Zaccheo di vedere Gesù.
Una folla «cieca», incapace, forse anche volutamente, di vedere quell’uomo basso di statura.
Qui già sorge una provocazione: a che serve vedere Gesù se poi non sei capace di vedere il bisognoso che ti sta accanto?
Non sono credibili quei veggenti che vedono Dio, madonne e santi e poi non vedono poveri e bisognosi.
A quel punto Gesù ripete il primo gesto missionario: alza lo sguardo. Smette di guardare una folla egoista e cieca e si concentra sull’«invisibile»: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua!».
La missione vera e autentica ti vede, ti chiama per nome e si ferma da te e con te. Non sei più «invisibile», anonimo, NN, un numero di cella tatuato sul braccio.
È meraviglioso lo sguardo missionario di Gesù che vede la parte buona di Zaccheo e tutta la sua potenzialità positiva mentre per la gente eri e resti il peccatore di sempre.
Luca mette a confronto i due modi di guardare: Gesù vede in Zaccheo cieli nuovi e terre nuove.
La gente, la folla, invece, è capace di vedere solo il marcio di Zaccheo.
Ricordo una splendida battuta di Madre Teresa di Calcutta: «Ci sono due modi di guardare la notte: lamentarsi perché c’è buio o gioire perché ci sono le stelle. Io preferisco gioire».
Come potete ben notare, cari lettori e lettrici, non c’è bisogno di usare troppi soldi per cambiare la vita di Zaccheo: perché una missionarietà fatta di soldi senza cuore, senza sguardi, senza il tempo di fermarsi aiuta, certo, ma non trasforma la vita di nessuno.
Il fatto, invece, incredibile è che chi usa soldi è proprio Zaccheo che distribuisce la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce il quadruplo di quanto ha ottenuto rubando.
Ciò ci permette di dire che i soldi che si mandano in missione sono importanti ma non decisivi.
Senza sguardi d’amore, senza chiamate per nome e senza la pazienza di fermarsi sono solidarietà sterile.
Ti sfamano, ti vestono e ti guariscono… per un giorno, un mese, un anno ma non ti cambiano la vita, non ti trasformano.
I soldi non ti fanno scendere dall’albero della tua miseria, del tuo peccato e della tua povertà e correre, pieno di gioia e di felicità, a casa sapendo che sarai visitato non da un uomo pieno di denaro, chi se ne frega, ma da un Dio pieno d’amore.
Senza amore non c’è missione: dobbiamo sostituire i tic tac degli orologi coi tic tac dei cuori.
XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
(Lc 19, 1-10)
Commento a cura di Carlo Rotondo
Non potevamo concludere in modo più bello il mese missionario se non rimeditando ancora una volta la splendida pagina dove Luca ci racconta l’incontro tra Gesù e il piccolo Zaccheo.
Una sintesi perfetta di tutto quello che ci siamo detti nelle quattro settimane precedenti.
Un incontro fatto di sguardi: Zaccheo che cerca di vedere quell’uomo incredibile, di cui sentiva parlare e Gesù che alzando il suo sguardo vede quell’omino, per certi versi, «invisibile» perché piccolo di statura: statura fisica e, purtroppo per lui, anche morale.
Ed è interessante sottolineare la nota di Luca che dice che la folla impediva a Zaccheo di vedere Gesù.
Una folla «cieca», incapace, forse anche volutamente, di vedere quell’uomo basso di statura.
Qui già sorge una provocazione: a che serve vedere Gesù se poi non sei capace di vedere il bisognoso che ti sta accanto?
Non sono credibili quei veggenti che vedono Dio, madonne e santi e poi non vedono poveri e bisognosi.
A quel punto Gesù ripete il primo gesto missionario: alza lo sguardo. Smette di guardare una folla egoista e cieca e si concentra sull’«invisibile»: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua!».
La missione vera e autentica ti vede, ti chiama per nome e si ferma da te e con te. Non sei più «invisibile», anonimo, NN, un numero di cella tatuato sul braccio.
È meraviglioso lo sguardo missionario di Gesù che vede la parte buona di Zaccheo e tutta la sua potenzialità positiva mentre per la gente eri e resti il peccatore di sempre.
Luca mette a confronto i due modi di guardare: Gesù vede in Zaccheo cieli nuovi e terre nuove.
La gente, la folla, invece, è capace di vedere solo il marcio di Zaccheo.
Ricordo una splendida battuta di Madre Teresa di Calcutta: «Ci sono due modi di guardare la notte: lamentarsi perché c’è buio o gioire perché ci sono le stelle. Io preferisco gioire».
Come potete ben notare, cari lettori e lettrici, non c’è bisogno di usare troppi soldi per cambiare la vita di Zaccheo: perché una missionarietà fatta di soldi senza cuore, senza sguardi, senza il tempo di fermarsi aiuta, certo, ma non trasforma la vita di nessuno.
Il fatto, invece, incredibile è che chi usa soldi è proprio Zaccheo che distribuisce la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce il quadruplo di quanto ha ottenuto rubando.
Ciò ci permette di dire che i soldi che si mandano in missione sono importanti ma non decisivi.
Senza sguardi d’amore, senza chiamate per nome e senza la pazienza di fermarsi sono solidarietà sterile.
Ti sfamano, ti vestono e ti guariscono… per un giorno, un mese, un anno ma non ti cambiano la vita, non ti trasformano.
I soldi non ti fanno scendere dall’albero della tua miseria, del tuo peccato e della tua povertà e correre, pieno di gioia e di felicità, a casa sapendo che sarai visitato non da un uomo pieno di denaro, chi se ne frega, ma da un Dio pieno d’amore.
Senza amore non c’è missione: dobbiamo sostituire i tic tac degli orologi coi tic tac dei cuori.
Senza amore non c’è futuro.
Vi benedico tutti dall’Africa.
Vostro doncarlomissionariorossoblu
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